L’interruzione del rapporto di lavoro prima della scadenza, da parte del datore di lavoro è rappresentata dal licenziamento.
Oltre alla giusta causa (relativo ad un “grave inadempimento” del lavoratore tale da rendere impossibile la continuazione del rapporto di lavoro) ed al giustificato motivo oggettivo, il licenziamento può avvenire per giustificato motivo soggettivo.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo avviene infatti quando il lavoratore tiene dei comportamenti meno gravi rispetto a quelli che sfociano nella giusta causa di licenziamento, ma comunque in grado di incrinare il rapporto lavorativo.
In questo caso il rapporto non viene interrotto in tronco, ma il datore ha l’obbligo di preavviso.
Tra le possibili inadempienze che generano il licenziamento per giustificato motivo soggettivo vi sono l’assenza ingiustificata o giustificata con mezzi e prove non veritiere, la negligenza del dipendente e anche lo scarso rendimento o il mancato rispetto delle direttive del datore di lavoro.
Tali cause comportano il diritto in capo al dipendente, di ricevere il preavviso e di avere quindi la possibilità di difendersi per tempo.
Se ti stai chiedendo se il tuo caso rientra in una di queste casistiche contatta senza alcun impegno l’Avvocato Simona Micotti, via mail o telefono e sarà a tua disposizione.
I licenziamenti per giustificato motivo prevedono l’obbligo del datore di lavoro di rispettare i termini di preavviso previsti dalla legge. Il c.d. periodo di preavviso infatti è quel lasso di tempo che deve trascorrere tra la data di comunicazione del licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro del dipendente.
È disciplinato dalla contrattazione collettiva o dalla legge per consentire al dipendente di percepire comunque la retribuzione e nel frattempo cercarsi un’altra occupazione.
Il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo sono licenziamenti disciplinari.
Sono chiamati così perché richiedono obbligatoriamente l’apertura di un procedimento disciplinare che inizia con l’invio al dipendente, a mezzo raccomandata o a mano, della contestazione dell’addebito disciplinare contenente l’inadempienza commessa ed il termine di solito di 5 giorni, entro cui dare le proprie giustificazioni.
In seguito è prevista la comminazione della sanzione disciplinare e l’eventuale impugnazione della sanzione da parte del lavoratore.
La principale differenza tra il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è il preavviso, che è assente nel caso di giusta causa e obbligatorio nel giustificato motivo soggettivo.
Un’altra differenza è rappresentata dall’inadempimento compiuto. Inadempimento che deve essere grave nella giusta causa e non di scarsa importanza, relativo ad un obbligo contrattuale, oltre che lesivo di un interesse rilevante per il datore di lavoro nel giustificato motivo soggettivo.
Differente è anche la comunicazione al Centro per l’impiego che deve contenere la casistica corretta, con distinzione tra licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo.
Con il decreto legislativo 23/2015 è stata introdotta la conciliazione, una nuova procedura mirata a velocizzare la definizione del contenzioso sul licenziamento in quanto prevede l’immediato pagamento di un indennizzo, a carico del datore di lavoro nei confronti del dipendente.
L’indennizzo in questo caso corrisponde ad un assegno circolare di importo pari a una mensilità per ogni anno di servizio, (non superiore a 27 mensilità), la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento.
L’ impugnazione del licenziamento per giustificato motivo soggettivo da parte del lavoratore avviene o davanti al giudice del lavoro o davanti al collegio di conciliazione ed arbitrato e deve essere attuata entro il termine di 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta.
Può essere fatta con qualsiasi atto stragiudiziale comunque idoneo a manifestare la volontà del lavoratore. Entro un ulteriore termine di 180 giorni deve essere depositato in tribunale il ricorso o deve essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione.
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